“Ma quindi,” ha esordito il fidanzato della suddetta giunto a metà del episodio, “è la storia di questo Jonathan Pine che fa l’usciere?”
“No, amore. Ora diventerà una spia fighissima,” ha risposto la Cicala Claudia sfregandosi le mani soddisfatta. Continua la parodia tragicomica della serie The Night Manager, cui sono diventata fan in maniera disturbante. E disturbata.
The Night Manager episodio 1 parte 2: Pine, Pine, ti sorridono i monti
Zermatt, da qualche parte in Svizzera, anno 2015.
Gli effetti dello stress post traumatico e della morte di Sophie continuano ad essere tremendi, per il nostro Jonathan. Lo ritroviamo, difatti, in un hotel in mezzo alle Alpi. Il posto è suggestivo ma, al solito, inospitale. Casa di Pine, se così possiamo chiamarla, è mezzo sepolta dalla neve, tanto isolata che l’abitazione più vicina è una tana di orsi. Nonostante il freddo cane, lui s’incammina gioioso verso l’hotel dove, come sempre, fa il turno di notte. Per fortuna dentro l’albergo, chiaramente di un certo livello, l’ambiente è più confortevole. I colleghi uomini hanno un adorabile accento tedesco, l’unica donna ovviamente ha una mega cotta per lui (peccato che sia la versione attempata della signora Rottermaier), l’ambiente ha un vago sentore natalizio. Il nostro eroe si appresta a passare la solita nottata a ronfare sul posto di lavoro e fingere efficienza ma, ahinoi, il destino è dietro l’angolo. Roper, il famigerato Roper, l’uomo più spietato, crudele e cattivo del globo terraqueo ha scelto l’albergo di Pine per un breve weekend. E per farsi recapitare un pacco da Amazon.
La nostra volpe furba più di una volpe furba non fa neanche in tempo a digerire la traumatica novità che l’elicottero di Sua Malvagità atterra nel giardino dell’hotel, ora ridotto a una landa ghiacciata. Ed eccolo Roper, signore e signori: colbacco orribile in testa, pantaloni rosso fuoco e sciarpetta azzurra regalata a Natale e riciclata da chissà dove. Stretta a lui, in un abitino di maglia da cui spuntano due gambe chilometriche e senza calze, avvolta in una pelliccia tinta di giallo (tanto per non farsi notare), avanza nella neve con grazia felina la fidanzata trofeo di Roper, ovviamente di professione modella: Jed.
L’amena coppietta, ahinoi, non è sola: Sua Malvagità si è tirata appresso la sua diabolica ciurma al completo, più mille sporte e bagagli. Al nostro Jonathan, ancora intontito dallo shock causato dalla presenza di Roper e un po’ distratto dalla bionda Jed, tocca proprio lavorare stasera. Ma prima, viene squadrato dal perfido trafficante. Scatta il terzo grado, signore e signori.
“L’altra volta non c’eri,” osserva Richard, che non viene a gelarsi le terga a Zermatt da tre anni ma, con ogni evidenza, ricorda comunque perfettamente nome e cognome del personale di ogni hotel che frequenta.
“Vero, non c’era,” gli fa eco l’insopportabile nanerottolo al suo seguito (interpretato dal bravissimo Tom Hollander). Costui, che vincerà il premio “peggior battuta dell’episodio,” ha al momento la funzione – e l’aspetto, del mitico pappagallo Iago che accompagnava l’astuto visir Jafar nel suo disperato tentativo di “ConqVista di Mondo.”
“Lavoro qui da due anni e mezzo, signore,” spiega Pine con un sorriso finto che più finto non si può.
“Uhm,” borbotta Roper, valutandolo come si fa con un cappottino vintage trovato in un mercato. Perché lui, ricordiamolo, è cattivo. Così cattivo che quando Darth Vader gli ha fatto da stagista è scappato via urlando e per poco non tornava a fare il Jedi come si deve. Tanto cattivo che, alle consuete partite settimanali di burraco contro il demonio vince sì, ma barando.
“Prima di qui dove sei stato?” incalza Roper che, nel tempo libero, oltre a parlare all’ONU e a vendere simpatici gadget a pazzi furiosi, si occupa di medicina e sta intuendo gli strascichi dello stress post traumatico di cui soffre il nostro eroe, peggiorati dal terribile influsso che la visione ripetuta di Amore con interessi con Micheal J. Fox causa nel nostro.
“Italia e Tangeri,” risponde pronto Pine.
“Sei inglese?” s’insospettisce Roper dato che il nostro non ama i posti con un clima mite.
“Fino all’osso,” s’inorgoglisce la nostra volpe.
“Uomo saggio,” sentenzia Sua Malvagità senza un apparente perché.
“Grazie, signore,” risponde Jonathan, come se fosse un suo merito essere inglese, e non una casualità.
“E quella storia di New York?” s’informa ancora Roper, che è un trafficante e spera di poter mollare a Thanos qualche giocattolo.
Un lampo verde brilla negli occhi dell’altro, ed il principio di un sorriso beffardo gli attraversa il viso affilato. “Un diversivo. E ci hanno creduto,” confessa con un ghigno perfido Loki.
Dottor House, zoppicando vistosamente, a questo punto vorrebbe informarsi su quella specie di rockstar che, per lui, è il Titano Thanos ma, poiché fa freddo e nevica come su Jotunheim ma siamo a Zermatt, il dialogo surreale finisce qui.
Siccome in Svizzera la gente è seria, la registrazione dei numerosi ospiti prende più tempo del previsto. Così il nostro Pine è costretto a fare il simpaticone ed intrattenere l’allegra comitiva. S’informa del viaggio, mostra empatia, insomma, tenta di sciogliere un po’ il ghiaccio.
Ma Roper lo interrompe. “Dovrebbe essere arrivato un pacco per me,” sibila guardandosi attorno. Ma Jonathan che, ricordiamolo, è più furbo di una volpe furba, nicchia. “Come dice? Le si è rotto un tacco?”
Ebbene sì. Il nostro eroe si guarda bene dal consegnare il misterioso plico al perfido ospite, almeno fin quando non si sarà fatto una ricca padellata di affari suoi. Ma il tempo a disposizione della nostra apprendista spia preferita è tragicamente poco, signore e signori: mannaggia alla tracciabilità del pacco. Per distrarre Roper & Co., dato che nel lasso di tempo trascorso dalla sua ultima visita sono stati apportati alcuni cambiamenti, il nostro efficientissimo night manager si prodiga a mostrarli uno per uno a tutta la ciurma. A cui, per inciso, dopo un viaggio nella bufera fatto in elicottero da chissà dove, non frega assolutamente nulla, ma tant’è.
“Abbiamo cambiato le chiavi,” esordisce il nostro bel Jonathan mostrando un batacchio dorato cafonissimo, “certo, a persone sciccose come voi faranno abbastanza schifo, ma agli ospiti meno eleganti piacciono,” spiega l’eroe della storia. Come sempre capita in base alla legge di Murphy (se una cosa può andare male, ci andrà), nell’unica volta in cui Pine si azzarda ad esprimere davanti ad un cliente una mezza opinione personale, subito parte la bastonatura. Roper, infatti, guarda con aria torva e schifata la chiave, ma l’insopportabile Iago contraddice subito il nostro night manager preferito.
“No, no: a me piacciono, e io ho dei gusti molto eleganti,” puntualizza con insopportabile premura. Mentre la nostra volpe furba più di una volpe furba si appunta mentalmente di far servire all’ometto quei biscotti scaduti che giacciono dimenticati in qualche angolo della dispensa, i vari gorilla che circondano il malvagissimo Roper e lo stesso Iago si organizzano sia per andare a sciare che per vendere ordigni qua e là.
“Ci vediamo da Mario?” chiede Iago chattando come un’adolescente alla prima cotta.
“No, è troppo esposto,” ribatte Roper aggirandosi per la hall con sempre intorno Pine. Cosa che a Sua Malvagità, non sembra dare particolarmente fastidio: del resto, che minaccia volete che possa rappresentare l’usciere sfigato che fa il turno di notte in un hotel perso in mezzo alla neve? Eh sì, perché il nostro eroe, votatosi ad una vita montanara e all’eremitaggio, ancora non veste i fighissimi panni della spia, e se la sta letteralmente facendo nelle braghe. Ma andiamo avanti.
Finita la registrazione Pine, gasatissimo, mostra agli ospiti la suite più elegante dell’hotel. “È tutto come ricordava,” spiega: “la trapunta, le tende…” Ora, non fatevi ingannare: non è che Jonathan sia diventato un cultore in materia di arredamento d’interni. Tutt’altro. Solo, s’è messo in testa di voler spiare il cattivissimo ospite. Chissà che, pure stavolta, non riesca almeno di fargli saltare la vendita.
Ma Roper non è idiota: lo vede da solo che la tappezzeria è la stessa, posto che gli interessi. E allora che fa la nostra volpe furba più di una volpe furba, due secondi prima di essere liquidato? “Volete dello champagne?” domanda allegro stappando le bottiglie. E poi, riattacca con la storia delle ristrutturazioni. “Abbiamo anche rifatto il bagno. Guardate che vasca!” esclama con un orgoglio del tutto ingiustificato.
L’entusiasmo di Pine è condiviso solamente dalla bionda Jed. “Uh, che bello, c’è la vasca!” cinguetta la svampita modella. E che fa, a porta aperta e con venti persone in camera, Pine compreso? Si spoglia, mostrando biancheria intima color giallo attira preda e si immerge nella vasca, in scioltezza. La vostra faccia basita è la stessa di Pine che, come sappiamo, al fascino femminile proprio non sa resistere, e la fissa come un allocco, unico tra tutti.
Ma Jonathan prova a farsi forza e, con impareggiabile coraggio, stacca gli occhi dalla bionda e li riporta sul ghignante Roper, soddisfattissimo dell’effetto disturbante che la visione della sua conquista suscita nel poveretto.
“Bella eh?” dice il malvagissimo rivolto al basito night manager. “Ero andato a New York per comprare un quadro e ho trovato lei,” spiega fiero, dimostrando che, quando si è ricchi, potenti e cattivi, la lista della spesa non serve a nulla.
“Ma non cercavi un cavallo?” puntualizza la bionda Jed dalla sua vasca piena di bolle, stendendo verso l’alto una gamba chilometrica. Che distrae Pine. Ma tanto, roba che in anni di onorata carriera notturna mai si era ritrovato a doversi raccattare la mascella da per terra a questa maniera. Ciò rappresenta un problema, perché Jonathan non sta cercando disperatamente di raccattare una ricca mancia, ma vuole scoprire i piani subdoli del malvagissimo Roper.
Nel clima di confusione che si viene a creare, tra Roper che si scola lo champagne e infila schifezze nella bottiglia come se fosse alle medie, i gorilla che prendono appuntamenti e Jed che, incurante di tutto, si fa il bagno a porta aperta, s’insinua al solito pure Iago.
“Giochi a golf?” domanda lo scagnozzo a Pine prendendola alla lontanissima.
“No, signore,” risponde affabile e compito il nostro portiere.
“Tesoro, neanche io, ma mi piace mettere le palle in buca,” replica quest’altro. Ebbene sì, signore e signori. Ha detto proprio così, sfoggiando una delle battute più esplicite e brutte della storia del corteggiamento umano dai tempi dell’Homo Erectus ad oggi. Il nostro eroe sgrana gli occhi, lo fissa raggelato ma non risponde. Forse intuisce che il momento topico ancora non è giunto e, in effetti, ha ragione.
La bionda, ancora ammollo nella vasca, vuole dello champagne. Jonathan Pine ha in mano il vassoio con i bicchieri.
“Ue’ che fai, non le porti da bere?” dice Roper che ancora inserisce pattume nelle bottiglie.
Ecco, qui Jonathan Pine si blocca. La gamba chilometrica di Jed fa capolino in mezzo alle bolle di sapone. “Forse,” suggerisce con un soffio il nostro, “preferirebbe portarglielo lei…”
“No, macché. Portaglielo tu,” insiste Roper nelle vesti scintillanti del cliente pagante.
Il nostro eroe si blocca. Fissa Roper, fissa la sventola, fissa di nuovo Roper, in un’alternanza di pensieri che sono più o meno “Ma che è scemo? Mi fa entrare a me? Mado’ che sventola, oddio vuole che glielo porto per davvero, che super sventola.”
Infine, ligio alle regole secondo cui il cliente ha sempre ragione, Pine fa per dirigersi, dunque, verso la giovin donzella quando il malvagissimo Roper lo apostrofa. “Uè, testina, che fai? Glielo porti davvero? Vai a cercarmi la busta sciò.”
Roper- Pine 1 a 0.
Come ti trasformo Jonathan Pine in una spia
Dopo essere stato cacciato in maniera fantozziana, Pine si precipita nel primo bagno utile e rimette pure Pasqua ’92. Recuperata una parvenza di aplomb ma perso parte dell’apparato digerente nello scarico del gabinetto, il nostro eroe decide fermerà Roper. Anzi, aiuterà quelli che vogliono fermare Roper. E ci riuscirà, perché è il protagonista della storia, destinato a diventare una spia fighissima e super affascinante. Meglio di Bond.
Così, s’infila dietro alla reception e millanta un ligio e serio interesse per il suo lavoro. “Fatemi vedere le schede di registrazione,” chiede, e se le spulcia per bene. Poi si ricorda del famoso pacco. Ovviamente lo apre: contiene delle schede telefoniche di cui, prontamente, si appunta i numeri. Ma il tocco di classe, arriva ora. Molla il pacco aperto al cameriere sull’orlo della pensione. “E mi raccomando, svuota i cestini che a Mr. Roper non piace lo sporco!” intima. Il poveretto esegue, maledicendo mentalmente gli ospiti fastidiosi che piombano di sera in hotel e, in questo racconto, merita una menzione speciale: Pine, difatti, poco dopo scivola sul retro dell’albergo e si mette a rovistare nei secchi. È uno sporco lavoro, ma qualcuno dovrà pur farlo, del resto. Fortuna che l’anziano cameriere svizzero ha semplificato al nostro night manager il lavoro, chiudendo i rifiuti di Roper e della sua banda dentro un sacchettino ben chiuso.
Ora, vi è mai capitato di buttare qualcosa per sbaglio anche nel secchio sotto alla vostra scrivania? Sì? Ecco. Se ci fosse stato chiunque altro, a dover recuperare qualcosa dalla spazzatura, la busta di Roper sarebbe finita irrimediabilmente sopra, anzi, in mezzo agli scarti del pesce, e si sarebbe aperta, oppure sarebbe stata squarciata da animali selvatici affamati.
Ma Jonathan Pine è così affascinante che persino le creature del bosco lo aiutano, un po’ come succede a Biancaneve – non a caso è interpretato da Tom Hiddleston, e quindi la busta è intonsa, poggiata sopra un tappeto di petali. L’unico problema è che le prove scottanti – le schede telefoniche di Roper e della sua masnada malefica, sono perse dentro le bottiglie di champagne che, lo ricordiamo, sono piene di gusci di nocciolini, rimasugli di vari e, verosimilmente, sputi.
La nottata del nostro eroe, tuttavia, ancora non è finita. Mentre ammira il bottino faticosamente recuperato e si congratula mentalmente con se stesso, arrivano degli scagnozzi di Roper alla reception.
“Che il bar è aperto?” domandano retorici.
“Certo certosino, venite con me!” risponde Pine in un raggelante mix tra Ned Flounders e un elfo di Babbo Natale. La disponibilità e l’efficienza del nostro impagabile night manager disorienta i due energumeni, che si fissano perplessi. Non capiscono come mai, a quell’ora della notte, l’affascinante Jonathan sia così pimpante e pronto ad accontentarli. Per fregarvi, ovvio!
Ma quale portiere di notte. Jonathan Pine è un ex soldato. Di più, è un fan di Micheal J. Fox e del film Amore con interesse e, se ricordate, lì il concierge era il vero deus ex machina della situazione. Roba che chiunque andava da Fox chiedendogli le cose più improbabili (mi servirebbe una alabarda, il Santo Graal e l’autografo di Madonna) e quello, in un pomeriggio, ti rimediava l’alabarda, l’autografo di Madonna col disco ancora non uscito, la Tavola Rotonda, un biglietto per il balletto russo, si ricordava delle tue bollette e ti portava anche il cane a fare la toletta. E il Sacro Graal, ovvio, pieno delle tue caramelle preferite. E Pine, neanche è concierge, è il night manager, quindi ha l’upgrade.
Ed è mille volte più figo.
Se ne deve essere resa conto anche la modella che, in fondo, tanto svampita mi sa che non è. La vediamo, difatti, ciondolare in un momento imprecisato del turno di Pine sulle scale che portano alla sala centrale. Ora, come è noto, qualsiasi lettrice appena arrivata in albergo, dopo un bagno in vasca si infilerebbe l’accappatoio e scenderebbe senza ciabatte e senza mutande (che inutile orpello, vero Jed?) per sedersi nella hall, di fronte al camino. Così fa la nostra, che si imbambola di fronte alle fiamme guizzanti. A quattro metri dal nostro Pine.
“Posso fare qualcosa per lei?” domanda Jonathan che, stanotte, proprio non avrà bisogno di caffeina per finire il turno.
Jed alza gli occhioni languidi. “Signor Pine, ma davvero lei sta sveglio tutta la notte?” domanda ammiccante la modella con poco senso del pudore. “Quando durante il mio turno viene una marmaglia di ospiti rompipalle, ovviamente sì, altrimenti sai che penniche?” vorrebbe rispondere Pine, ma siccome il nostro è furbo più di una volpe furba, sottolinea l’ovvio. “È il mio lavoro.”
“Ed è qui per fare tutto quello che voglio?” domanda lei allungando le gambe da gazzella. In accappatoio e basta. Davanti a Jonathan. Di notte.
“Ehm. Sì, certo,” risponde il portiere di notte più figo d’Europa imbambolato di fronte alla ragazza che, per inciso, nemmeno ha bisogno di battere le ciglia per farlo cadere ai suoi piedi. Le basta stirarsi sul divano con fare da gatta, e zac! – potrebbe chiedere a Pine qualsiasi cosa e lui l’accontenterebbe. Del resto, dopo quattro anni di lutto e l’eremitaggio sulle Alpi assieme al nonno di Heidi, ci sta che Jonathan archivi più o meno la questione Sophie.
Jed pensa un po’ a tutte le cose strane che potrebbe chiedere al fascinoso portiere. “È aperta la piscina?” domanda infine. Anche se si è appena fatta il bagno.
A Pine viene un sorriso a cinquemila denti da stregatto e si sfrega le mani. “Controllo!” ghigna, e scatta come neanche il genio della lampada. Certo che era chiusa. Cosa la tengono a fare aperta di notte? Ma, anche se la regista glissa su questo dettaglio, io sono sicura che Pine l’ha accesa al volo, memore del detto ogni lasciata è persa. E Jed? La signora si sfila l’accappatoio e si tuffa. Ve l’aveva detto che le mutande erano inutili.
Come Jonathan Pine cambiò lavoro…
È mattina. Jonathan rientra a casa e, finalmente vediamo l’interno della sua dimora. E niente, è orribile. Squallida quanto una prigione, consiste in un divano, un appendiabiti, un tavolino, tanto che ci viene voglia di inviargli un catalogo dell’Ikea per ravvivare l’ambiente. Pine si siede sul divano-letto-branda che trasuda scomodità e riflette. Poi tira fuori da un libro il foglietto con su appuntato il numero di telefono di Angela Burr, sfodera l’Iphone 6 – decisamente meglio del Nokia vetusto che l’accompagnava nella prima parte della storia, e chiama la tostissima donna che, in quattro anni, ha continuato imperterrita a congelarsi nel suo ufficio e a dare la caccia, invano, a Roper.
Il soggiorno di Sua Malvagità, frattanto, non è terminato, anzi. Invita degli amici nella saletta privata dell’hotel per discutere di una losca vendita di trebbiatrici, cui Pine riesce ad ascoltare solo brandelli di conversazione. La colpa, al solito, è di Iago, che arriva con le sue belle battute a ravvivare l’ambiente. “Ti stai chiedendo chi è la figlia e chi l’amante, vero Ciccio?” domanda a bruciapelo al nostro eroe. Che, chiaramente, lo fissa come se fosse un malato di mente e resta prudentemente in silenzio.
“Allora ragazzo, adesso noi dobbiamo discutere di cose da grandi,” spiega Iago indicando la stanza dove Roper si è accomodato con i suoi ospiti. “Tu fai divertire le signore al bar, ok?” ordina. E chiude la porta.
Che serata stressante! Fortuna che, finalmente, arriva la pausa. Pine esce nella neve senza cappotto, che fa più figo, e si accende una sigaretta. Con lo zippo, ovviamente. Del resto, Le Carrè ha scritto il libro nel 1993, quando ogni personaggio maschile un minimo fascinoso doveva imbottirsi di nicotina. Inoltre, anche se Pine ancora non lo sa, a pagina 3268 del “Manuale for dummies della spia perfetta” c’è scritto ogni spia fighissima che si rispetti deve fumare. Dunque, Jonathan tira una boccata, fissa il cielo, ed ecco che viene interrotto da Sua Malvagità.
“Uno sguardo verso l’infinito,” esordisce poetico, fumando pure lui, perché a pagina 5247 del Manuale del Perfetto Villain, edizione 1993, c’è scritto che se l’eroe fuma devi fumare pure tu e, comunque, nel 1993 il villain doveva fumare a priori.
“È confortante,” soffia romanticamente il nostro eroe.
“Beh, insomma,” commenta Richard pensando agli alieni e a chissà cos’altro. “Tu resti qui tutto l’anno?” s’informa.
“Devo,” risponde Jonathan. Come camperebbe con lo stipendio da stagionale?
“Io non ci riuscirei. Tutto questo silenzio!” commenta il riccastro rabbrividendo anche se, non avendo mai visto casa di Pine, non ha un’esatta consapevolezza della parola silenzio. E squallora. Ma vabbè.
“Ci si fa l’abitudine,” spiega Pine.
“Hai la ragazza?” s’informa Sua Malvagità. Deve essere andata proprio bene la vendita di giocattoli.
“Nossignore,” risponde il nostro Night Manager, dando una speranza a tutta la vallata circostante.
“Sei tutto solo? beh, del resto chi non lo è,” si affretta a rispondere Roper, nel disperato tentativo di evitare che il portiere lo ammorbi con la motivazione del perché è solo. Cosa che, comunque, Jonathan non avrebbe mai fatto, perché è il fascinoso protagonista della nostra storia, ma Richard ancora non sa.
“Sai,” commenta infine il crudelissimo con una punta di tenerezza nella voce, “un altro avrebbe buttato la sigaretta di fronte ad un cliente pagante. Ma tu non l’hai fatto. Bravo cucciolotto, ti adotterei se potessi. Ma domani partiamo. Adios!” dice, e se ne va nella notte. Dove, non si sa.
“Buonanotte signore,” risponde affabile e un pelo soddisfatto il nostro eroe. Capito, dunque? Roper, l’essere più malvagio da qui ad Alpha Centauri è rimasto incantato dal fatto che un povero portiere sfigato, anziché genuflettersi al suo passaggio, abbia osato continuare a fumare.
Il mattino dopo, quando ormai Roper è lontano anni luce da Zermatt, fa il suo ingresso Angela Burr che, come ricordiamo, non ha aerei privati né elicotteri e si è spostata in treno e aereo low cost. La tostissima incontra Pine in un ristorante per turisti. Jonathan fa il suo ingresso in eskimo e camicia, le si siede di fronte. Alla luce del sole i suoi occhi sembrano più azzurri, ma restano come grigi-verdi-celesti boh. E ipnotizzano la Cicala Claudia.
Il night manager molla alla Burr le schede telefoniche raccattate nell’immondizia e chiede di non essere coinvolto. Povera stella!
“Com’è che un rispettabile albergatore rischia la sua onorata carriera prima a Il Cairo e poi qui?” domanda Angela Burr, che vuole disperatamente cambiare ufficio e non ha nessuna intenzione di lasciare quel figo di Pine in mezzo alle Alpi.
“Si sta muovendo qualcosa. E poi l’avrebbe fatto chiunque, quel mostro vende arsenali militari a pazzi furiosi, ho visto pure la Morte Nera!” si schernisce e giustifica il nostro eroe i cui occhi azzurro-verde rilucono più di mille stelle del cielo.
“Ma anche no, te l’assicuro…” mormora la Burr pensando al suo stipendio base, alle promozioni che nessuno le vuole dare e ai termosifoni perennemente rotti nel suo ufficio.
“Quando tu sei inglese, e vedi un altro inglese che è cattivo più di un cattivo cattivissimo,” spiega Pine in una botta di orgoglio patrio da far piangere di soddisfazione Sua Maestà, “non puoi far finta di nulla.”
“Certo,” lo asseconda la Burr. “Tu poi sei un ex soldato. Roper ha causato la morte della tua Sophie,” la butta là. Ah com’è astuta, la signora! Sta per infinocchiare il nostro eroe e lui ancora non se ne rende conto.
“Eh. Sì ho fatto la guerra. Ma ho visto cose che voi umani non potete immaginare,” fa il tragico Jonathan, soprattutto perché la mia memoria vacilla e non ricordo di preciso cosa si sono detti. “E non era la mia Sophie,” puntualizza malinconico.
Ecco. È arrivato il turno, per Angela, di tirare il colpo decisivo. “Tu sai cosa possono fare quelle armi, se usate. Dobbiamo fermarlo,” la butta lì. Non c’è niente di meglio che scatenare un forte senso di colpa nel prossimo, per obbligarlo a fare quello che vogliamo. Jonathan sgrana gli occhioni. Angela sorride mentalmente. Scommetto che, in borsetta, ha già il contratto da apprendista spia per reclutare il nostro eroe.
Nei prossimi episodi
Riuscirà Jonathan Pine a mollare definitivamente le vesti di portiere notturno per diventare la spia fighissima che ci suggeriscono i cartelloni pubblicitari? Riuscirà ad inserirsi nel giro di Roper nonostante tutti lo conoscano come “quello che ti dà la chiave di notte?”
N.d.A.
Vista l’infinita lunghezza di questo post, voglio ringraziarti, o lettore giunto fin qua. Sei un eroe, davvero. Non come il nostro Jonathan Pine, ovviamente, ma meriti comunque un plauso. The Night Manager va in onda su Sky Atlantic ogni mercoledì alle 21,10. È l’adattamento per il piccolo schermo (si fa per dire), del romanzo Il direttore di notte di John Le Carrè. Che io, per inciso, ancora non ho letto perché, contrariamente a quanto gridato ai quattro venti da sempre, in questo caso aspetto che venga ristampato con la scritta “da questo romanzo hanno tratto la serie televisiva.” Sì, proprio io che ho sempre schifato qualsiasi edizioni voglia commercializzarsi un po’ di più: come si suole dire, a chi sputa in aria prima o poi gli ricade in testa!
Dedico questa epopea a Roberta & Co., anche lei oltre le Alpi, e alla mitica Cicala Sara che ha fornito immagini, suggerimenti, correzioni. E che ascolta i miei deliri.
Claudia