Mettiamo caso che vi piacesse una gonna. Una di quelle che a voi stanno bene. Mettiamo caso che, nella lista delle cose da comprare, fosse un po’ in basso. Poniamo anche la circostanza che voi, di questa gonna, vi siate dimenticate per un po’, diciamo fino ai saldi al 40/50%. Diciamo che ieri, andando a fare un giro perlustrativo per negozi, incappiate proprio in quello che la vende. Ma che simpatica casualità, vero?
Il caso non esiste. Sono entrata nel suddetto negozio con la stessa aria che avrebbe un lupo nella foresta. A caccia dell’occasione, fiutando la mia taglia. Nella mente, snocciolavo tutti i capi della stagione A/I 2015-2016 con relativi prezzi interi, calcolando la percentuale di sconto. Trovo un’altra cosa, bellissima che desideravo da morire, di cui vi parlerò in altra sede e, al momento dell’acquisto, cinguetto alla commessa “ah sai, cercavo pure quella gonna bella, fatta così e colà. Ma mi sa che non c’è più.”
Uno scintillio balugina negli occhi della donna. Sorride e mi fa “aspetta, forse ce l’ho. Mentre rovista inizia per me il mantra della donna-affetta-da-raptus-da-shopping-compulsivo, che suona più o meno “speriamo che ci sia, così ce l’ho che gran botta di…” e “speriamo non ci sia, che già sto prendendo quest’altra cosa, poi vado fallita.”
La commessa rientra trionfante a metà. La gonna c’è – meraviglia! Ma c’è un ma. È di una taglia più piccola della mia.
Beh direte voi, il problema quindi non si pone. E no, vi rispondo io, perché la commessa è anche la titolare del negozio nella fattispecie, ed è brava a fare il suo lavoro: saprebbe vendere la sabbia nel deserto. Inoltre è furba. La gonna è di quelle che vanno adesso, vita alta e ampia sotto – già solo descrivendola mi si stringe il cuore, giuro, e si dia il caso che la sua polla, cioè io, sia proprio la classica donnina mediterranea, con vita molto stretta e fianco largo.
“Provala,” mi sorride, “vedi se ti sta.” Io fisso dubbiosa la fascia pensando che nessun essere umano sano possa entrarci dentro, ma ci provo uguale. Me la sono cercata, lo so.
La bellissima gonna deve essere stata pensata da qualche divinità malvagia per trascinarmi nel vortice della povertà, perché nel punto critico – i fianchi, essendo ampia, cade benissimo. E in vita, dove c’è la fascia stretta che giusto la principessa Sissi?
Si chiude, la maledetta. E addosso è stupenda, dannazione. La commessa si precipita accanto, trionfante per l’insperato successo, forse neanche lei se l’aspettava. “Come ti senti?” mi fa.
“Non respiro col diaframma,” rispondo, ed è tutto vero, giuro, “ma, del resto, nemmeno le donne dei secoli scorsi lo facevano.”
Parte qui un quarto d’ora abbondante di analisi delle probabilità di sopravvivenza con questa bella gonna addosso. Se la indosso per una cena fuori, soffio io, mi si gonfierà la parte sotto della pancia, non certo la zona delle costole, quindi non rischio l’esplosione. Segue la parte tecnico-ingegneristica, atta a valutare, nell’ordine:
- L’eventualità di far spostare il bottone o i ganci da una brava sarta.
- La possibilità di infilare sotto la gonna una camicia senza soffocare.
- La libertà di movimento.
- I possibili outfit.
Scartata la prima ipotesi, complicata e rischiosa, dall’esito assai incerto, abbiamo sperimentato la seconda. Qui, la brava venditrice, ha sfoderato una volta di più il suo naso per gli affari, portandomi una camicetta in seta saldata della mia taglia che mi ha subito fatto battere il cuore fortissimamente e che, sotto alla gonna, stava divinamente. Perché sì, l’impalpabile seta si infila – non proprio agevolmente, ma si infila, sotto l’alta fascia della gonna, formando un outfit deliziosissimo.
La libertà di movimento mi ha fatto ricordare, sì, la scena di Via col Vento dove Vivian Leigh/Rossella si faceva stringere il busto, ma ho ricordato ad alta voce ai presenti che nemmeno i tacchi alti sono questa comodità, eppure li porto.
Dunque, direte voi, l’hai presa questa benedetta gonna un pochino stretta? È passato un altro quarto d’ora di paturnie. Abbiamo telefonato ai vari negozi che tengono il brand, chiedendo se fosse disponibile la taglia che avrebbe consentito di fugare ogni dubbio. Ovviamente non c’era da nessuna parte. Ho riflettuto sull’eventualità che, prendendola della taglia giusta, la fascia potesse rivelarsi scomoda e troppo larga, essendo la vita più alta del normale. Non c’è niente di peggio di una gonna che si gira, in effetti (detta così pare una giustificazione delirante e pure un po’ fantascientifica, ma vi assicuro che è un dubbio legittimo).
Alla fine, per sbloccare la situazione, e liberare le commesse dalla mia indecisa presenza, ho rimandato ad oggi – domenica – la tremenda scelta. Riproverò la gonna. Cercherò di essere razionale. Ai posteri l’ardua sentenza.
Claudia