Attenzione: questo telefilm in generale, e Jonathan Pine/Tom Hiddleston in particolare, provocano dipendenza. Gli effetti della suddetta sono disastrosi quanto duratori, risvegliando l’adolescente nerd in ognuno di voi. Quella che vi apprestate a leggere, è la parodia tragicomica della fighissima serie TV donataci da Sky The Night Manager: al fine di non farvi beccare dal vostro capo/insegnante o superiore in generale mentre vi ipnotizzate di fronte ad una foto di Tom Hiddleston, ogni episodio è diviso in due parti. Se volete sapere come è cominciata questa storia, le disavventure passate dal nostro Jonathan prima di fingersi un bullo e mettersi in mostra con Roper, cliccate sui link o andate nella categoria apposita. Avete visto quanto sono stata brava?
The Night Manager episodio 3, parte 1: come il malvagio Roper adottò Pine
Nelle puntate precedenti: il fascinoso Jonathan Pine abbandona la promettente e spumeggiante carriera di Night Manager, altrimenti detto portiere di notte, per abbracciare quella di spia al servizio di Sua Maestà. Che ne ignora completamente l’esistenza, ma tant’è. Scopo della missione del nostro, è smascherare l’uomo più cattivo del Mondo, Richard Roper. Per farsi notare, Pine insozza la sua fedina penale e salva la vita del figlioletto di Roper. Quest’ultimo, intenerito dalle miserande condizioni del nostro che s’è fatto pestare come l’uva per rendere più credibile il tutto, lo fa curare a proprie spese nella sua dimora. Un po’ come fareste voi se vi capitasse di trovare un cucciolo abbandonato per strada. Alla stessa maniera, il nuovo arrivato è oggetto di attenzione da parte di tutti gli abitanti della casa…
Spagna, festa cafona. Un noto burino arricchito locale sta festeggiando i diciott’anni della figliola, un’adolescente infelice come tutte le adolescenti infelici figlie di papà. Con qualche ragione in più, in realtà. Anzitutto il babbo, anziché mettere che ne so, Beyoncé, Taylor Swift o, in alternativa, Rihanna, ha messo “La Bomba”. La Bomba sì, che è uscita negli Anni Duemila. Se voleva essere vintage o figo avrebbe dovuto mettere il Gioca Jouer di Cecchetto, e invece, dimostrando scarsissimo gusto, ha proposto la Bomba. Non pago di questa caduta di stile, le regala un collier di diamanti che neanche Maria Antonietta di Francia. Ma quella, ahinoi, voleva un tatuaggio. O un viaggio in Guatemala. E una festa figa piena di amici ratti e del ragazzetto che le piaceva, non questa banda di vecchioni in cui gli unici ragazzi appetibili sono stati concupiti dal caro Corki. Il padre, dal canto suo, peggiora la situazione facendole fare una figura barbina, da vero burino arricchito. “Mirate, ospiti, lo splendido gioiello che ho regalato alla mia figliola. Viene da Parigi e costa un boato!”
Schifata da tanta cafonaggine e vergognandosi delle losche attività del babbo, la giovin donzella ne approfitta per ammazzarsi. Il momento è abbastanza triste, ma the show must go on cantava Freddy Mercury, e la parodia pure.
“Che palle, m’è saltato l’affare,” commenta Roper all’alba quando se ne va via con la sua stanga scalza verso casa. La Debicki, difatti, è alta, anzi altissima, più alta di Hugh Laurie e persino qualche centimetro più di quel figo di Tom Hiddleston, pare. Insomma, la festa è andata male, Sua Malvagità ha perso un sacco di soldi e la Morte Nera è lì in magazzino che fa la muffa.
“No problem, capo,” dice il solerte Corki. “Organizziamo una bella festa a casa tua e concludiamo l’affare lì.” Roper tira un sospiro di sollievo all’idea e noi con lui, perché, risolto il problema, la scena si sposta su Pine. Impossibilitato a spacciarsi ancora per moribondo, il nostro eroe finge di faticare immensamente nel tirarsi su dal letto e, ciabattando, giunge al cospetto di Roper. Sua malvagità lo attende seduto sul suo divano bianco in compagnia di due cani. Pastori tedeschi? No. Alsaziani? Nemmeno. Dobermann? Acqua. Esserini puccettosi da vecchina? Tana!
Per dovere di cronaca, accanto a Roper c’è anche Sandy, il biondo appartenente alla losca cerchia apparso fin dalla prima puntata, ma di cui non c’è n’è mai fregato nulla.
Per nulla intimidito dalle bestioline, Pine si pianta in mezzo alla stanza. Qui riceve i ringraziamenti ufficiali da quel piccolo tesoro di Danny Roper che, lesto, piglia i cagnolini e va a pescare. Calamari, ovviamente. Roper senior si alza. Prende in mano un bicchiere, versa del vino bianco (o spumante, che ne so), e vorrebbe iniziare il suo discorso da Super Malvagio, ma il rumore del tosaerba rovina il momento di pathos.
“Frisky!” domanda a quell’incrocio tra una murena e un gorilla che stipendia, “che è questo casino?” ringhia.
“È Xavier, che taglia il prato…” biascica l’energumeno.
Roper, che è parente alla lontana della Regina di Cuori, ordina che la smetta immediatamente o gli farà tagliare la testa. Ma ormai l’atmosfera si è rovinata, e Sua Malvagità deve ricreare l’atmosfera.
“Come sta la faccia?” domanda prendendola alla lontanissima e porgendo un bicchiere al nostro Jonathan che, come vedete nelle immagini, è figo come sempre se non di più. Lui si tocca lo zigomo per vedere se è tutto a posto. “Sta bene,” commenta e, con una certa ritrosia, prende il bicchiere, neanche fosse la pozione schifosa e fumante che Atreyu è costretto ad ingollare.
“Devi star male se vuoi guarire,” risponde Roper abbastanza a caso, dato che Pine, come dicevamo, è stupendamente splendido come suo solito, e quindi nulla lascia presagire che debba temere di rimanere sfigurato, anzi.
Ma la tensione, signori miei, si fa palpabile. I due uomini si scrutano, si studiano come fossimo nelle piane del Serengeti. A questo punto, Roper assottiglia gli occhi e beve. Anche Pine beve, fissandolo.
“Allora, cos’è che vuoi?” domanda Sua Malvagità.
“Uhm, che ne so. Tornare al ristorante?” la butta in caciara Jonathan. Ovviamente, bluffa. Il suo scopo, ricordiamolo, è entrare nell’entourage di Roper & Co. e fermare il perfido trafficante una volta per tutte, possibilmente senza pesare sulle casse dello Stato, dato che Angela deve ancora riparare i termosifoni nel suo ufficio. E allora si fa desiderare, memore dell’antico detto che dice “in amor vince chi fugge.” Ma quanto è furba la nostra volpe furba, eh?
“No, cosa vuoi dal mondo, che ormai siamo a fine anno,” ribatte Roper.
Jonathan lo fissa come se avesse due teste e fosse ubriaco marcio. Ma che gli sta chiedendo, quest’uomo? Ma perché lo deve sempre ammorbare con discorsi filosofici, come quella volta, a Zermatt, dove l’ha tenuto tre ore a parlare di niente, Roper tutto incappucciato e Pine senza cappotto, a gelarsi le terga?
“Uhm. Non lo so,” risponde Jonathan Pine con l’aria scocciata del fighetto del liceo in odore di bocciatura. “Non ho progetti, mi prendo l’anno sabbatico.”
“Non ti credo. Pine. È che tu non ti applichi,” spiega Roper, “un progetto, su quello che vuoi fare da grande, ce lo devi avere alla tua età.”
“Se lo dici tu,” replica il nostro eroe sfoderando tutta l’arroganza giovanile di cui dispone.
Ma Roper non demorde. “Mettiti a sedere, Pucci,” ordina. Finalmente, l’agognato momento di pathos si è ricreato, e Richard può sfoderare il discorso che prova davanti allo specchio da dieci anni.
“Io non sono nato ricco,” esordisce Sua Malvagità attaccando subito una filippica sulla sua povera vita di bimbo sfruttato venditore di giornali, col padre che non ho capito bene se faceva il ciarpone-robivecchi o il venditore d’asta. “Mio babbo mi ha insegnato che ogni cosa ha un prezzo. Ma la spinta a creare tutto quello che vedi, viene da me,” conclude fiero il nostro novello David Copperfield (il personaggio di Dickens, non il mago). “E la tua spinta, qual è?” domanda infine al nostro.
Ora che il sogno di costruirsi un albergo tutto suo come il buon Michael J. Fox nel mitico film Amore con interesse è sfumato miseramente, il nostro eroe non ha nessun sogno nel cassetto da realizzare nell’immediato, tranne non finire a fare il barbone madonnaro alla stazione di Castro Pretorio, quindi risponde come un adolescente arrabbiato che no, lui la spinta non ce l’ha.
Ma Roper, stravaccato sul suo bel divano bianco, non sembra per nulla convinto dall’atteggiamento di Pine, e allora il nostro eroe riattacca con la tecnica della diva ritrosa o del Puffo Brontolone.
“Senta, tante grazie per avermi rimesso in sesto, ma io odio essere ospitato in una villa super megagalattica e me ne vorrei tanto tornare nella mia uhm, casa,” dice spiccio.
Roper inclina la testa. “Corki non vuole che tu vada via,” soffia, ed un brivido gelido attraversa la schiena di Jonathan a sentire il nome dell’ometto. Lui è un tipo molto sospettoso, ha un brutto presentimento su di te,” aggiunge.
Pine, per tutta risposta, lo fissa con i suoi occhioni meravigliosamente blu-verdi-grigi, boh che dicono “ma come? Con questa faccia ti pare che potrei farti qualcosa di male?” e, se avesse aggiunto anche il sorrisetto ammiccante che ha fatto al fratello tutto muscoli, l’avrebbe piegato, al malvagissimo.
“Perché hai ucciso quell’uomo nel Devon?” domanda a bruciapelo Roper. “È di dominio pubblico. Abbiamo dovuto chiamare gli sbirri, stanno per arrivare,” dice dondolando tra le dita il bicchiere di vino.
Pine fissa Roper. Roper fissa Pine. Si guardano così, nelle palle degli occhi per un minuto che pare interminabile. Poi Sua Malvagità si emoziona. “Pucci, che sangue freddo che hai!” esclama. Ma non è sangue freddo. È che Jonathan Pine è una volpe furba più di una volpe furba ma, soprattutto, è una spia, quindi è dalla parte dei buoni. Sai che gliene frega se lo arrestano. Certo, se ciò avvenisse Angela poi lo licenzierebbe in tronco, ma questa è un’altra storia.
“Mi aveva tradito. Ha sbagliato la coreografia del Gioca Jouer: doveva fare sciare e, invece col piffero. Se ne è uscito con superman.”
“E non ti è piaciuto,” sottolinea l’ovvio zio Roper. “Comprensibile.”
“Certo. Marvel tutta la vita, altro che DC.”
L’intensissimo dialogo viene interrotto da Corki in versione governante, che dispone gli inviti per la serata. “I McArthur hanno dato picche, quindi siamo dodici, o forse tredici,” dice lanciando una lunga occhiata a Pine, a cui non sfugge il riferimento biblico.
“Perché pensi che Pucci sia una mela marcia, Corki?” s’informa Richard per mettere ancora meno a suo agio Pine.
“Le sue referenze erano false,” risponde l’hobbit compito e pedante, “ma le cozze erano buonissime.”
Pine, la cui unica soddisfazione è di aver sputato come se non ci fosse un domani nel piatto del Colonnello, opta per la strategia del pianto greco. “Avevo bisogno di un lavoro,” inizia tirando su col naso e lì, giù a spiegare tutta la storia del Devon e di quella sfigata che si era tirato appresso e di Thomas Quince.
Roper tira fuori la cartelletta che contiene tutto lo scibile sul nostro Jonathan Pine, da quella volta che ha tirato le trecce alla compagnetta d’asilo a quando si è dimenticato i calzini in palestra.
“Ne hai cambiati parecchi di nomi,” osserva Roper, “viene quasi da chiedersi chi tu sia veramente,” e parte il breve riassunto della vita di Pine: altro che piccolo fiammiferaio. Babbo ucciso a Belfast, mamma chissà dove, un matrimonio fallito (possibile mai?), due missioni in Iraq da cui è tornato con la medaglia al merito – ovviamente, e poi cinque anni di turni di notte come portiere. “Volevi ibernarti?” domanda preoccupato Roper che, ricordiamolo, non aveva visto la stamberga di Zermatt. “E poi, Pucci, che t’è preso? Andavi più o meno bene e poi hai iniziato a sentire musica rock n’roll, a fregare a destra e a manca, a trafficare droga… e l’omicidio, Pucci! Qui l’anno lo perdi, sappilo.”
Prima che il dispiacere di Richard si trasformi in un barlume d’intelligenza e l’uomo comprenda che c’è proprio qualcosa di strano nella storia di Pine e nella sua improvvisa conversione al Lato Oscuro della Forza, la nostra volpe tenta di rigirare la faccenda dalla sua parte.
“Insomma, io mi sono un po’ rotto della vostra ospitalità. Esco a comprare le sigarette,” dice, ma svignarsela è impossibile. Il passaporto a nome Thomas Quince è stato usato per accendere il falò della scorsa sera, spiega il Colonnello. “Tanto giusto a quello serviva, perché con quel nome sei ricercato peggio di Arsenio Lupin,” spiega placido l’ometto. “Rapina, spaccio, omicidio, evasione fiscale. Manca la sodomia, ma su quella ci stiamo lavorando,” suggerisce speranzoso.
“Non è che qui sia proprio la fiera della legalità,” la butta lì Jonathan ignorando le avances dell’altro, “e io sono stanco di essere inquisito da te e dal tuo piccolo amico hobbit,” dice a Roper. Poi, siccome fa figo, si affaccia sulla finestra della mega villa. Sarà che, al sole, gli occhi di Tom sono ancora più belli, sarà che la posa fascinosa stende Corki, fatto sta che Sua Malvagità prende una decisione che ha dell’incredibile. O forse no.
“Basta, ti adotto,” sbotta avvicinandoglisi. Gli posa la mano sulla spalla e gli spiega subito le regole di casa. “Starai nella casetta sulla spiaggia, che io chiamo capanno ma che tu non ti saresti potuto comprare nemmeno con un mutuo a sessant’anni, col tuo misero stipendiuccio,” spiega. “Ma ricordati che qui comando io, che siamo tutti una grande famiglia e che nessuno tradisce nessuno. Sennò ti farò chiamare la mamma,” minaccia. Ma siccome per Pine Roper ha una predilezione particolare, gli ammolla pure il figlioletto, insignendolo del titolo di baby sitter.
Di tutto questo, ad onor del vero, la nostra volpe ha capito sì e no la metà perché, mentre fingeva di volersene andar via indignato, ha fatto il suo ingresso quella stanga di Jed. Sciccosa e svestita, come suo solito, ovviamente. Grandi occhiali a farfalla, caftano aperto sul davanti, bikini bianco, prima si appoggia sul divano con fare felino, poi invita il basito Jonathan a raggiungerla in piscina.
“Ti presto il mio costume,” suggerisce Corki mentre Pine raccatta la mandibola da terra.
Quant’è dura la vita della spia, Jonathan Pine!
La vita della spia, signori Lettori, è dura e difficile. Lo sa bene Jonathan Pine che, come predetto da Angela Burr, vive nel terrore più totale, facendosela nelle braghe a ogni piè sospinto. Più o meno. La vita nella mega villa di Roper, difatti, è meglio di una vacanza in un resort di lusso. Il nostro eroe, per non deludere le aspettative nostre, di Corki e di Jed, prima si fa una bella corsetta in riva al mare, a torso nudo, regalandoci una scena assolutamente gratuita ed inutile ai fini della storia ma assolutamente essenziale per tutti noi – grazie Susanne Bier, davvero, poi si fa una bella nuotata piscina.
“Attento tesoro,” gli ricorda il Colonnello lanciandogli un asciugamano. “Se questo fosse l’Eden e tutti noi fossimo gli alberi e tu ti chiamassi Adamo…”
“Sarei un vampiro?” suggerisce quel figo di Pine, sempre sul pezzo.
“No, Jed sarebbe l’albero della conoscenza del bene e del male e, insomma, se la tocchi anche solo con un dito farai la fine dei Belgi in Congo,” sintetizza Corki.
“Hanno trovato King Kong?” domanda Pine speranzoso. Mica è deficiente, il nostro, che credete. Ha capito benissimo dove vuole andare a parare quell’hobbit saccente che ha davanti, è pur sempre una volpe furba più di una volpe furba. Ma a pagina 2541 del Manuale della Perfetta Spia for Dummies c’è scritto che è obbligatorio, per l’eroe, accoppiarsi con la bella della storia, soprattutto se è la figlia/fidanzata/sorella del cattivo, pena la scomunica dal circolo delle spie con conseguente stracciamento di tessera, privazione della pianta di ficus dall’ufficio e damnatio memoriae. E, oggettivamente, quell’anima misericordiosa di Jed ce la sta mettendo tutta per concupire il nostro fascinoso eroe: gli ciondola sempre attorno svestita e fa un po’ la gatta morta ad ogni occasione, tocca renderle merito.
“No. Sul tuo prossimo passaporto ti chiamerai Abelardo,” soffia tetro l’ometto.
Pine, tuttavia, se ne frega e va a giocare a tennis con Roper, dimostrando ancora una volta che quando si è l’eroe figo della storia, nemmeno le padellate in testa e le costole rotte possono nulla. Finito il tour di divertimenti possibili all’interno della villa di Maiorca, Jonathan ha improvvisamente un’illuminazione: ma sì, lui non è lì per divertirsi, ma per carpire informazioni a Roper e passarle ad Angela! Così, di buon mattino, si reca da Roper. Sua Malvagità sta facendo colazione con una orribile vestaglia blu e rossa.
“Posso portare Danny a fare un giro al paesetto giù?” domanda speranzoso.
Roper gli punta addosso uno sguardo cattivissimo, lo squadra come se lo vedesse per la prima volta. Ma poi si rilassa. “Sì Pucci, grazie,” dice. “Però portati appresso le murene.”
Giunti nel centro del paese rappresentato dalla piazzetta del porticciolo, Jonathan nota subito quella povera anima in pena di Angela. Boccheggiante dal caldo e molto incinta, la donna vaga sotto il sole cocente di Spagna sventolandosi con la guida turistica. E qui, la nostra volpe furba sfodera il suo innato talento spionistico. Vede uno di quei chioschi di gelato da film dell’orrore e offre a Danny un cono. Poi, mentre è in fila, comincia a chiedere al ragazzino notizie sugli ospiti attesi a casa Roper. Angela, dal canto suo, si trascina di fronte al chioschetto e fa la cliente rompiscatole che vi passa davanti. In questo modo, al costo di due coni al pistacchio pagati con una banconota da cinquecento euro – unica spiegazione plausibile al tempo impiegato dal gelataio per dare il resto a Pine, la Burr viene a conoscenza di parte degli acquirenti del malvagio trafficante, ma non solo: quella volpe di Jonathan riesce anche a mandare un messaggio d’aiuto alla sua capa.
“Il Colonnello Corchoran mi detesta,” mente schifosamente. “Sta indagando su di me, sta tirando fuori pure l’Antico Egitto,” dice ad Angela mentre si rivolge a Danny. Che volpe! Che genio! E le due murene, impalate a tre metri di distanza, non sospettano nulla!
Dato che estorcere informazioni al piccolo Danny si è rivelato assurdamente facile, Pine ci riprova nel pomeriggio. Porta il ragazzino in spiaggia e, insieme, si mettono a tirare sassi in acqua.
“Scommetto che hai contato il numero di stanze di casa tua,” esordisce Jonathan vaghissimo.
“Ma certo,” risponde quel piccolo tesoro. “Sono ventiquattro stanze, due cucine, sei bagni, tre sale cinema, 1 campo da tennis, due piscine, lo studio di papà e lo studio segreto di papà. La chiama la fortezza. Ha una sola chiave, che tiene nascosta, e un allarme. Ogni giorno lo controllano. Dice che nessuno ci può entrare, ci tiene le sue mentine.”
“Ah, però,” mormora Pine sbalordito dal fiume di informazioni che il moccioso gli ha servito su un piatto d’argento.
“Dagli anche la combinazione, no?” ironizza il fidanzato della Cicala Claudia dagli spalti.
Gli ci sarebbero voluti giorni al nostro eroe, se non settimane, per scoprire tutte quelle cose, e invece il piccolo Danny, cuore di zia, è riuscito a dare una svolta improvvisa alle ricerche di Jonathan.
Si vede che i Roper, di default, trovano la battigia un posto particolarmente idoneo a fare confidenze, perché sempre in riva al mare Sua Malvagità prova ad investigare sulla personalità sfaccettata e poliedrica di quel figo di Pine. La scena è pregna di significato. Roper si fa il pediluvio nell’acqua di mare, Pine è seduto sulla sabbia con i pantaloni alla zuava.
“Dimmi un po’ pucci, sei sinistroide, comunista? Mangi i bambini?” s’informa Sua Malvagità.
“No, assolutamente,” risponde Pine, che è pur sempre un personaggio letterario uscito dalla penna di Le Carrè nel 1993, quando essere comunista non aveva strascichi radical chic come oggi, ma significava salire su un ring senza sorridere e dire “io ti spiezzo in due.”
“È una delle teorie di Corki,” si giustifica Richard. “Ha riempito due block-notes di ipotesi su di te. Fantàsia non ha confini,” aggiunge.
“Quanto è simpatico quel nano ubriacone,” soffia Pine tra i denti.
“Tantissimo,” conferma Sua Malvagità, “ne abbiamo passate tante insieme! Una volta siamo stati in cella insieme a Delhi per una settimana. Non ho mai riso tanto,” ricorda tra le lacrime di gioia. Capito, lettore? Roper e Corki sono amichetti per la pelle. Di quelli che hanno fatto giurin giurello siamo amici per sempre.
“Ma insomma, chi sei Pucci? Non ti piacciono gli ubriaconi, non sei radical chic…” riprende Roper, curioso come una scimmia.
Pine sospira. Fissa il mare con i suoi occhi un po’ più turchesi del solito indefinito miscuglio di blu-grigio-verde boh, e parte con la storia tragica della sua vita. Di nuovo. “Mio babbo faceva tipo l’infiltrato,” spiega commosso, “e una sera, un sergente del suo plotone, per vantarsi con una cameriera delle operazioni dell’indomani, gli ha fatto saltare la copertura,” racconta con il labbro tremante. “Mio babbo è stato ridotto a uno spezzatino per cinque pinte di baffo d’oro e la promessa di una sveltina!”
“Oh, povero Pucci!” esclama Roper commosso da una storia così schifosamente triste e ingiusta, quasi quanto quella del cugino di quinto grado di Pine andato fin sulle Ande a cercare la mamma. “Non ti piacciono i tradimenti, vero? Neanche a me!”
Pine, con i lacrimoni agli occhi che rendono un po’ più celesti i suoi occhioni blu-verdi-grigi scuote la testa.
Sarà riuscito il nostro eroe a convincere davvero quel concentrato di malvagità e perfidia di Roper che di lui ci si può fidare? Attento, Jonathan, che Dr. House è un osso duro ed è molto più perspicace di quel bonaccione di Thor, e forse non ti basterà fare i tuoi sorrisetti e sgranare gli occhioni per fregarlo.
Ma nell’ombra, frattanto, si sta muovendo anche Angela: visto che lo spagnolo senza gusto amico di Roper, da quando la figlia s’è uccisa, è diventato un fervente cristiano, la Burr, gli si palesa durante una messa. “Io sono il tuo Angelo,” dice. “E tua figlia, dall’alto dei Cieli, dice che se non tradisci quel mostro senz’anima di Roper, brucerete tutti agli Inferi!”
“No, no!” blatera l’uomo distrutto. “Che posso fare?”
Angela sorride furbescamente. “Fai litigare Corki e Richard,” suggerisce perfida.
La seratona a casa di Roper, frattanto, sta per iniziare…
Nel prossimo episodio
Dove la dura vita di Jonathan Pine prosegue tra feste, gite e gozzoviglie varie. La nostra spia più furba di una volpe furba prova a carpire le informazioni dal perfido Roper che, dal canto suo, si scontra con le oggettive difficoltà di avere una morosa giovane con un esoso segreto da nascondere. Che segreto non è, ma vabbè. Ma sia Sua Malvagità che la nostra volpe furba più di una volpe furba vengono messi a dura prova da Jed.
N.d.A.
Uno speciale ringraziamento, come sempre, a Sara, che legge per voi in anteprima la parodia e decreta, come l’Uomo del Monte, se va bene o meno. Riguardo l’anteprima di questo articolo in particolare, ha subito mostrato un vivo entusiasmo. Un abbraccio ad Elisa, perché tre anni e un giorno sono davvero troppi ma è come se non fossero passati. Un sentito grazie al fidanzato che parteggia schifosamente per Roper e i cui commenti spesso mi ispirano, e a te, Lettore, che hai letto e sorriso leggendo questi miei deliri.
Claudia
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