Il cappello vintage

Quando ero bambina avevo una vera fissa per i cappelli, che devo dire non mi è passata. In casa mia c’erano due cappelli che più di tutti desideravo e che attiravano la mia attenzione e la mia curiosità, già fervide e a tratti maniacali: il cappello da alpino di mio padre e un cappello di mia madre.

Il primo aveva la piuma, la famosa penna della stranota canzone degli alpini, che gli stessi cantano sempre ubriachi. Mio padre è stato alpino solo per il servizio militare e credo che continuasse ad esserlo solo nei momenti in cui difendeva quel cappello dalle mie brame e da quelle del mio fratello minore. Ci piaceva tanto, volevamo indossarlo, quasi quanto lui voleva preservare i suoi ricordi e impedirci di giocarci e rovinarlo.

Il secondo cappello era invece un vezzo solo mio. Lo chiamavo “il cappello di pelo”, e in effetti di pelo lo era. Era un cappellino marrone, veniva dagli 70 ma aveva un impareggiabile aria anni 20. Lo adoravo. Lo provavo continuamente e non facevo altro che chiedere a mia madre : “Me lo regali?”.

Lei rispondeva sempre di no, quasi come quando chiedevamo a nostro padre di farci indossare quello verde da alpino. Il cappello della leva militare era però una reliquia, quello di mia madre era qualcosa di bello e desiderabile, un vero accessorio. E così le due risposte, entrambe negative, avevano però un sapore diverso. Mio padre era perentorio, mia madre tentava di spiegare confusa qualcosa. La sostanza però era chiara, quel cappello andava riposto perché un giorno lei avrebbe potuto metterlo nuovamente.

Questo accadeva più di venti anni fa, e negli ultimi sette o otto credo di aver completamente dimenticato entrambi i cappelli. Domenica scorsa, mia madre si è rimessa a frugare in camera sua e dopo un po’ è venuta da me, col cappello di pelo in mano.

“Guarda che ho ritrovato. Lo vuoi?”, mi ha detto con tutta la semplicità del mondo.

Lo voglio? Certo che lo voglio! Oggi ancora più di ieri, oggi che un pezzo del genere, al mercatino vintage, mi costerebbe un occhio della testa. E quindi eccomi qua, vintage e felice, col mio cappello dei sogni:

CAPPELLO

CAPPELLO

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