La ragazza giapponese

Megumi aveva gli occhi stanchi, il lavoro in ambulatorio quel giorno era stato più duro del previsto. Un bambino si era ferito ad una mano, cadendo  e poggiandosi su qualcosa di tagliente. Era stato spinto da un compagno di giochi, di quei giochi che si facevano anche fuori. Aveva pianto molto, era stato complicato mettergli i punti di sutura e farlo calmare. La ferita era più profonda del previsto. Megumi, pur essendo esausta, era stata come sempre professionale e impassibile, non si era fatta tradire dalla compassione e non si era lasciata intenerire dalle lacrime. Per riuscirci, non aveva mai guardato il piccolo negli occhi.

Quel giovedì era stato una giornata veramente faticosa, con un numero di casi stranamente maggiori del solito e un po’ di burocrazia in più. Non era riuscita neanche a vedere Boyd, e non lo avrebbe fatto neppure in serata, lui era di turno. Oggi non si sarebbero amati, non si sarebbero nascosti per farlo. Ma si sarebbero comunque cercati nei sogni e nei pensieri, così come faceva ogni volta Megumi, e così come le piaceva credere che facesse anche Boyd.

Per placare la voglia di vederlo, di accarezzare la sua pelle ruvida e profumata, indugiò anche troppo nel pensare. A riflettere su come sarebbe stato fuori di . A quello che avrebbero vissuto se loro due si fossero incontrati in un modo diverso, nelle loro esistenze ordinarie. Le loro vite prima della guerra europea e prima della prigionia.

Megumi, probabilmente, non avrebbe avuto la possibilità di fermarsi in strada con lui, di parlarci. Fuori dal campo Boyd avrebbe continuato ad andare a visitare la sua fidanzata bionda, di origine svedese come lui, e non avrebbe neanche degnato di uno sguardo una ragazza dagli occhi a mandorla e il viso da luna piena. Si sarebbe vergognato dei suoi genitori strani, riservati e sfuggenti, che neanche parlavano bene l’inglese. Lei anche, forse, non avrebbe avuto il coraggio di portarlo alle feste tradizionali o in casa sua e di sostenere gli sguardi dei genitori e di tutti gli altri.

Ma ora era diverso, nessuno sapeva che cosa sarebbe stato domani. Ora era lì dentro e pensava che forse mai più le sarebbe stato possibile contemplare così da vicino quegli occhi cerulei, che la guardavano a fessura quando volevano essere davvero sinceri, e chissà se le sarebbe stato mai più concesso di assaporare quella pelle ruvida e chiara, tanto desiderata e distante…

Sara

Disclaimer: questi personaggi appartengono a Isabel Allende e sono tratti dal romanzo L’Amante Giapponese (2015). Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

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